This month we again address the topic of prevention, one of the main objectives to reduce breast cancer mortality. Since there is currently no valid primary prevention in the field of breast cancer (= a strategy to prevent the tumor from originating), scientific societies have rightly focused on secondary prevention (= a strategy to diagnose it early), which is based on the clinical and some radiological investigations appropriately defined based on the patient’s age and the type of breast. This is because the main determining factor in the prognosis of breast cancer, in any population and age group, is the stage of the disease at diagnosis (= earlier stage tumors lead to lower mortality).
In this perspective, mammographic screening was introduced with the intention of discovering tumors before they are even clinically palpable in the age groups considered most at risk, and in our country it is offered free of charge to all women between 45 and 69 years old of age. Unfortunately, approximately 10% of the patients operated on in our Senology Unit are younger than 45 years of age and approximately 30% are over 69 years of age, the latter being the expression of a progressive and encouraging increase in life expectancy in females.
To address the gaps in screening, it is therefore mandatory to adopt other measures to encourage early diagnosis in the age groups ignored by the screening itself. The breast examination, for example, in addition to having a sensitivity of up to 70% through the objective breast examination, also includes the collection of personal, family, remote and immediate pathological history, as well as raising the patient’s awareness of the symptoms most likely alarm signals for your age group and breast type. Therefore, it represents not only a valuable tool for recognizing patients at high risk (family history, previous thoracic radiotherapy, smoking,…), but also a fundamental educational moment to broaden women’s knowledge regarding the impact of their behavior on the development of cancer at the breast (primary prevention) and to teach self-examination to those who do not practice it habitually (secondary prevention).
Although most studies show that tumors detected by self-examination are smaller than those detected without any screening modality, and that survival is greater in women who routinely self-examine, there is some skepticism regarding the physical examination if not performed by a specialist. In fact, although two observational studies on self-examination have demonstrated its indisputable effectiveness in reducing breast cancer mortality [Harvey BJ 1997, Gastrin G 1994], this result was not entirely confirmed in two subsequent randomized studies [Thomas DB 2002, Weiss NS 2003]. Furthermore, studies demonstrate a sensitivity (= ability to find the tumor) of this practice of around 12-14% [Godavarty A 2015] and a specificity (= ability not to find what is not a tumor) of little satisfactory, which therefore leads to a high rate of false positive results, which is why these studies suggest the association with more age-appropriate diagnostic imaging [Kolak A 2017]. On the other hand, self-examination represents an economical and easily available method in all age groups, which does not require complex technical training [Freedman LS 2006] and can be performed comfortably in a domestic [Dinshaw K 2007].
In conclusion, patient education and self-examination should be promoted extensively as auxiliary tools in the fight against this life-threatening disease.
Questo mese affrontiamo nuovamente il tema della prevenzione, uno dei principali obiettivi per ridurre la mortalità del carcinoma mammario. Non esistendo attualmente una valida prevenzione primaria nell’ambito del carcinoma mammario (= una strategia per non far originare il tumore), le società scientifiche si sono giustamente concentrate sulla prevenzione secondaria (= una strategia per diagnosticarlo precocemente), che si basa sull’esame clinico e alcune indagini radiologiche opportunamente definite in base al’età della paziente e alla tipologia del seno. Questo perché il fattore determinante principale della prognosi del carcinoma mammario, in qualsiasi popolazione e fascia di età, è lo stadio della malattia alla diagnosi (= tumori in stadio più precoce comportano una mortalità più bassa).
In questa prospettiva, lo screening mammografico è stato introdotto con l’intenzione di scoprire i tumori prima ancora che siano clinicamente palpabili nelle fascie di età considerate più a rischio, e nel nostro Paese viene offerto gratuitamente a tutte le donne tra i 45 e 69 anni di età. Purtroppo, circa il 10% delle pazienti operate nella nostra Unità di Senologia è più giovane di 45 anni e circa il 30% supera i 69 anni, espressione quest’ultima di un progressivo e incoraggiante aumento della spettanza di vita nel sesso femminile.
Per far fronte alle lacune dello screening è mandatorio quindi adottare altre misure per favorire la diagnosi precoce nelle fascie di età ignorate dallo screening stesso. La visita senologica, ad esempio, oltre ad avere una sensibilità fino al 70% attraverso l’esame obiettivo senologico, include anche la raccolta dell’anamnesi personale, familiare, patologica remota e prossima, nonché la sensibilizzazione della paziente a quelli che sono i sintomi di allarme più probabili per la sua fascia di età ed il tipo di seno. Pertanto, rappresenta non solo uno strumento prezioso per riconoscere le pazienti ad alto rischio (familiarità, pregressa radioterapia toracica, tabagismo,…), ma anche un momento educativo fondamentale per ampliare la conoscenza delle donne riguardo all’impatto del loro comportamento sullo sviluppo del cancro al seno (prevenzione primaria) e per insegnare l’autopalpazione a quelle che non la praticano abitualmente (prevenzione secondaria).
Sebbene la maggior parte degli studi dimostri che i tumori rilevati mediante autopalpazione siano più piccoli di quelli rilevati senza alcuna modalità di screening, e che la sopravvivenza risulti maggiore nelle donne che praticano abitualmente l’autopalpazione, esiste un certo scetticismo di fronte all’esame obiettivo qualora non eseguito da uno specialista. Infatti, nonostrante due studi osservazionali sull’autopalpazione abbiano dimostrato l’indiscutibile efficacia della stessa nel ridurre la mortalità per cancro al seno [Harvey BJ 1997, Gastrin G 1994], tale risultato non è stato interamente confermato in due successivi studi randomizzati [Thomas DB 2002, Weiss NS 2003]. Inoltre, studi dimostrano una sensibilità (= capacità di trovare il tumore) di tale pratica intorno al 12-14% [Godavarty A 2015] ed una specificità (= capacità di non trovare ciò che non è tumore) poco soddisfacente, che conduce quindi ad un alto indice di risultati falsi positivi, ragion per cui tali studi suggeriscono l’associazione con la diagnostica per immagini più adeguata all’età [Kolak A 2017]. Dall’altro lato, l’autopalpazione rappresenta un metodo economico e facilmente disponibile in tutte le fasce di età, che non richiede una formazione tecnica complessa [Freedman LS 2006,] e può essere eseguito comodamente in ambiente domestico [Dinshaw K 2007].
In conclusione, l’educazione delle pazienti e l’autopalpazione dovrebbero essere promosse in maniera estensiva come strumenti ausiliari alla lotta contro questa lifethreatening malattia.